Quinto appuntamento con la rubrica “Arte e scatole”, un viaggio alla scoperta di come importanti artisti contemporanei hanno utilizzato il cartone come mezzo espressivo. Scopri tutte le altre interviste: James Lake – Mark Langan – Carlo Casarini – Kiel Johnson
Un’opera d’arte può essere frutto di un solo artista? Nel caso di Dosshaus, la risposta è no. O, per meglio dire, si tratta di quattro mani che lavorano come un corpo solo. Dosshaus, infatti, non è che l’unione di due artisti, Zoey Taylor e David Connelly, che producono opere che spaziano dalla scultura alla moda, dalle performance alla fotografia e ai video.
L’approccio di Dosshaus è critico: gli artisti percepiscono mode, tendenze, usi e costumi della società occidentale contemporanea e li elaborano per indagare le modalità tramite le quali gli uomini e le donne vedono se stessi e concepiscono il proprio ruolo sociale all’interno di una cultura saturata di immagini. A partire da questa indagine, Dosshaus rielaborano le informazioni raccolte sotto forma di opere d’arte. I materiali utilizzati sono cartone riciclato, carta, colori acrilici e colla: strumenti per modellare un originale, unico universo, che ha come cifra distintiva proprio il fatto di invertire il concetto stesso di readymade.
Rielaborati in chiave artistica, gli oggetti di uso quotidiano acquistano un nuovo significato, una dimensione animata alternativa, ponendosi come una critica e allo stesso tempo un prodotto della cultura moderna. Abbiamo chiesto a Dosshaus di raccontarci come si sviluppa il loro lavoro, da dove nasce l’ispirazione e come mai hanno scelto proprio il cartone come mezzo espressivo per la propria arte.
Da dove nasce l’idea di realizzare sculture in cartone?
Siamo entrambi artisti multidisciplinari e il cartone è uno dei mezzi che ci permettono di fare arte. Creiamo sculture con questo materiale, le dipingiamo, realizziamo vere e proprie installazioni su larga scala, così come confezioniamo vestiti sempre di carta e cartone che poi indossiamo durante le performances (che vengono fotografate o filmate). Il cartone ci permette di creare un vero e proprio mix tra discipline come scultura, pittura, moda e fotografia, diventando così un potente strumento di coesione per l’arte. Quasi tutto il cartone che utilizziamo per il nostro lavoro è riciclato: andiamo in cerca della materia prima di persona, rovistando tra le strade e i vicoli di Los Angeles. A volte capita addirittura che le persone ci contattino e ci portino il cartone che hanno accumulato, in modo che possiamo utilizzarlo per i nostri lavori. Naturalmente, impieghiamo anche altri materiali per creare le nostre opere, come carta, colla e pittura acrilica, sebbene il cartone rimanga comunque il principale componente strutturale di tutto il nostro lavoro.
Andiamo a scavare tra i ricordi: qual è la prima scultura realizzata in cartone? È stata anche quella più importante oppure ce n’è una in particolare che riveste un significato speciale per voi?
La nostra prima scultura fu una macchina fotografica, realizzata sul modello di una Pentax SLR che avevamo e che si era rotta. Un’opera che ci rimarrà sempre nel cuore, certo; tuttavia, un lavoro molto importante per noi è stata la prima scultura che realizzammo su larga scala, ispirata a una Mini Austin del 1960. Si è trattato di un vero e proprio test delle nostre capacità e dei nostri metodi di lavoro (anche perché è stata la prima opera che abbiamo esibito pubblicamente). Ci siamo messi alla prova, insomma, e il risultato è stato entusiasmante: il pubblico ci apprezzava come artisti. Un’emozione indescrivibile.
Come lavorate?
Tutto ha luogo da un’idea, da un’ispirazione che nasce lavorando insieme e cercando oggetti che stimolano entrambi. Spesso, infatti, diciamo: “questa non è un’idea se non è un’idea di tutti e due”. Una passione comune, che poi traduciamo in un’opera d’arte. Per le sculture di grandi dimensioni e le installazioni, solitamente iniziamo lavorando su un modello in scala. La fase di realizzazione vera e propria può invece durare da qualche giorno fino a un mese intero, dipende dalla mole dell’opera e dalla complessità del progetto. Una volta che la scultura è completa, la dipingiamo, proprio come se fosse una tela. L’idea di base del nostro lavoro è che ogni opera dovrebbe sembrare un disegno bidimensionale realizzato nella realtà tridimensionale, proprio come se un artista avesse lavorato direttamente lo spazio in cui ci troviamo. Un mantra che teniamo sempre in mente, in modo da creare sempre un equilibrio tra il reale e il fantastico. La cosa entusiasmante che questo equilibrio lo troviamo insieme, partendo dalla concezione del progetto fino alla sua esecuzione, ma con l’intenzione di realizzare un’opera unica, completa, con un solo “marchio di fabbrica” artistico.
Conoscete l’arte italiana? C’è qualche artista del nostro Paese che vi ispira o che vi incuriosisce?
Per quanto riguarda l’arte contemporanea, apprezziamo molto il lavoro di Maurizio Catalan e di Marisa Merz. Da un punto di vista storico, invece, gli artisti italiani che hanno letteralmente fatto la storia dell’arte sono davvero troppi per essere menzionati. Per quanto ci riguarda, ci ispira particolarmente il lavoro di Giorgio De Chirico e Amedeo Modigliani.
A cosa state lavorando ultimamente?
La nostra mostra più recente è a Los Angeles, presso la galleria d’arte Corey Helford. Si intitola “Paper-Thin Hotel”, si sviluppa su una superficie di 186 metri quadri e si tratta di un’istallazione di sculture di cartone che raffigurano un albergo e i personaggi che vivono all’interno delle sue mura.