Nell’era degli e-commerce e della new-economy i rifiuti da imballaggi stanno diventando sempre più numerosi e difficili da smaltire: in particolare le confezioni plastiche e in materiali costituiti da derivati del petrolio, come il polistirolo, il PVC e altri polimeri, più costosi e difficili da riciclare rispetto a carta e vetro, sono una minaccia incombente per la salute del suolo e degli oceani.
Dal vertice sulle politiche ambientali di Davos, durante il quale il presidente statunitense Donald Trump ha rimesso in discussione tutti gli impegni presi dall’amministrazione Obama in merito alle emissioni di CO2 e all’inquinamento atmosferico, arriva una nuova proposta per la gestione del packaging in plastica che finisce nell’immondizia: un piano attraverso cui 40 multinazionali del calibro di Procter & Gamble, Amcor, Coca-Cola, Mars, Veolia, Danone e Unilever si impegnano a riciclare di più e a ridurre gli imballaggi in plastica, favorendo l’utilizzo di carta, cartone e vetro.
Il report “The New Plastic Economy”: riciclare e innovare, le speranze del pianeta
Durante l’incontro di Davos è stato presentato il report “The New Plastics Economy: Rethinking the future of plastics” della Ellen MacArthur Foundation, secondo il quale, se non verranno presi drastici provvedimenti, entro il 2025 per ogni 3 kg di pesce galleggerà in mare 1 tonnellata di plastica ed entro il 2050 la fauna marina sparirà, lasciando il posto ad un mare di scatole e confezioni plastiche abbandonate.
Le qualità di versatilità, resistenza e convenienza degli imballaggi in plastica non ha eguali, ma il report evidenzia come gran parte di questi venga utilizzato una sola volta, creando una perdita del 95% del valore del materiale, pari a circa 80-120.000.000.000 di dollari l’anno. Inoltre il 32% di questi rifiuti plastici sfugge ai sistemi di raccolta, generando costi ingiustificati e gravi danni ambientali
Sono tuttavia emersi anche dai incoraggianti: il 20% degli imballaggi plastici e delle confezioni che diventano rifiuti potrebbe essere completamente riutilizzata mentre il 50% avviata ad un riciclo parziale, svuotando in gran parte discariche e siti di stoccaggio, spesso ormai al collasso.
Un modello alternativo globale per la gestione dei rifiuti da imballaggi plastici
Uno degli scopi del report della Ellen MacArthur Foundation è quello di proporre un modello di catena del valore delle materie plastiche più efficiente e sostenibile, senza inutili sprechi, che preveda:
- la creazione di percorsi di riuso e di rimessa in circolo degli imballaggi plastici, come ad esempio l’utilizzo di sacchetti interamente compostabili per la spesa, l’immondizia o il confezionamento di alimenti per mense, fast-food e grande distribuzione;
- la limitazione della dispersione dei rifiuti plastici nell’ambiente ed in particolare negli oceani, implementando l’attività degli impianti di raccolta, riciclo e riuso;
- la ricerca scientifica per la messa a punto di nuovi materiali plastici che non prevedano l’utilizzo di materie prime fossili, derivati del petrolio e altre sostanze “vergini”.
Questi cambiamenti radicali richiederanno uno sforzo comune e condiviso negli anni a venire da parte di aziende produttrici di imballaggi e di materie plastiche, di produttori e distributori di prodotti finiti, di e-commerce, venditori al dettaglio, aziende della raccolta e del riciclo dei rifiuti e, non ultimi, dei dirigenti politici.
La relazione propone inoltre di creare un’unica cabina di regia sovranazionale per stabilire norme e sistemi comuni, superare gli interessi e i particolarismi e favorire opportunità di innovazione tecnologica su larga scala.
Un nuovo concetto di imballaggi? E’ una questione politica
In quest’ottica, l’entusiastica adesione di 40 multinazionali tra le più importanti al mondo rappresenta un decisivo punto di partenza.
Sebbene molti abbiano additato l’operazione come una manovra di marketing e “greenwashing” (neologismo che indica un tardivo pentimento e un tentativo di recupero di reputazione da parte di brand che da sempre hanno molto inquinato o mostrato scarso interesse per le questioni ambientali), molte delle aziende che aderiscono alla New Plastic Economy stanno dando vita a progetti concreti di riciclo e riuso: H&M ad esempio, il colosso mondiale dell’abbiglimento, ha messo a punto la collezione Conscious Exclusive Collection , una linea di indumenti interamente realizzata con filati ricavati da imballaggi e rifiuti plastici abbandonati in mare. L’idea ha preso forma grazie alla collaborazione con Bionic, nota azienda che trasforma i polimeri in filati e tessuti.
Unilever, leader nel settore dei semilavorati e prodotti food, si è formalmente impegnata ad utilizzare entro il 2025, il 100% di packaging in plastica riciclata e totalmente riutilizzabile.
La mobilitazione delle multinazionali per un più sostenibile ciclo della plastica vuole avere lo scopo di sensibilizzare al problema i politici e le amministrazioni, che nell’Unione Europea hanno già dato vita nel 2018 al protocollo Circular Economy Package: un programma che stabilisce la gestione sostenibile dell’intero ciclo di vita di un prodotto e dei suoi imballaggi, da quando viene realizzato a quando finisce nel cestino, proponendosi come anello di congiunzione tra l’economia lineare e quella circolare ed incoraggiando l’impiego di materiali alternativi e nuovi design per il confezionamento dei beni di consumo.