Terzo appuntamento della nuova rubrica “Arte e scatole”, un viaggio alla scoperta di come importanti artisti contemporanei hanno utilizzato il cartone come mezzo espressivo. Scopri tutte le altre interviste: James Lake – Mark Langan – Kiel Johnson – Dosshaus
Il cartone può dar luogo a una magia? A detta di Carlo Casarini, artista e creatore del brand CartoneMagico è proprio così. Questo laboratorio creativo, che produce strutture e oggetti d’arredo in cartone ondulato, incluse spettacolari scenografie teatrali, è una vera e propria miniera d’arte. Gli oggetti che vi si trovano uniscono infatti tre caratteristiche fondamentali: versatilità, riciclabilità e originalità. Ogni idea viene sviluppata insieme al committente, così da creare pezzi unici, destinati a fare la differenza in qualsiasi contesto. Abbiamo chiesto a Carlo Casarini di raccontarci come si sviluppa il suo lavoro, da dove nasce l’ispirazione e, soprattutto, quali segreti e potenzialità ha, da un punto di vista artistico, un materiale di utilizzo quotidiano come il cartone.
Carlo Casarini, perché scegliere proprio il cartone per creare sculture?
Volevo un materiale ecologico, riutilizzabile, leggero ma allo stesso tempo portante, con cui realizzare opere d’arte ma anche oggetti di uso quotidiano e complementi d’arredo. Le mie creazioni, di qualsiasi natura, sono soprattutto in cartone ondulato, sebbene certi lavori richiedano un tipo di cartone più strutturato. Oltre al cartone, che rappresenta ovviamente la materia prima di base, utilizzo colla termofusibile e spago per l’assemblaggio, poca vernice acrilica per realizzare particolari verniciati e nulla più. Il mio obiettivo, infatti, è valorizzare proprio il cartone, un materiale che solitamente viene usato solo come recipiente che contiene altri oggetti. Non è mai il protagonista, solo un contenitore. Il mio intento, invece, è puntare le luci della ribalta proprio sul cartone, metterlo al centro della scena. Tramite le mie opere. Tutto il materiale che utilizzo è al 100% riciclato, lo prendo direttamente in cartiera.
Mi piace l’idea di dare vita a qualcosa che, per certi versi, prima era “morto”: in questo modo non si spreca nulla, ciò che non usiamo più viene reinventato per creare qualcosa di nuovo, rinasce in una nuova idea, in un nuovo progetto. Questo è il grande vantaggio di utilizzare materiali riciclati: continuare a far vivere un’idea, anche se in modo diverso.
Si ricorda la sua prima opera d’arte realizzata con questo materiale?
Fu 10 anni fa, un lampadario composto da scatole di cartone provenienti dalle cassette della celebre banana Chiquita. Ritagliai le sagome colorate delle banane stampate sulle diverse cassette e le misi insieme, a formare un lampadario imponente e, va da sé, estremamente originale. Devo confessare tuttavia che non fu tutta farina del mio sacco: trassi ispirazione da un lampadario che vidi per caso su una rivista di architettura, realizzato da una designer norvegese. Fui immediatamente colpito da questo oggetto che racchiudeva in sé bellezza, ingegno e unicità. Contattai la designer per acquistare il pezzo ma lei mi mandò le istruzioni di costruzione. Così misi alla prova il mio ingegno: tradussi, interpretai e realizzai.
C’è una creazione che riveste per lei un significato particolare e di cui vorrebbe parlarci?
In realtà sarebbero due: la prima fu la realizzazione di un orologio per una scenografia teatrale, quella di “Alice nel Paese delle Meraviglie”. Il regista mi chiese di creare un oggetto che restasse sempre in scena, che fosse uno dei fili conduttori della trama. La storia di Alice è una storia dove il tempo è indubbiamente protagonista, basti pensare all’orologio del Bianconiglio. Realizzai quindi un orologio tridimensionale con il cartone ondulato, in quello che io chiamo lo stile “a lamelle”, che con il gioco di luci delle quinte creò un effetto davvero spettacolare. Fui così contento di questa creazione che quell’orologio è diventato il logo di CartoneMagico.
La seconda opera “del cuore” è stata la realizzazione di 30 pupi siciliani a grandezza naturale tutti in cartone, con solo l’aggiunta di stoffa, per una società carnevalesca. Un lavoro impegnativo, certo, ma che mi ha dato molta soddisfazione.
E invece in questo periodo sta lavorando a qualcosa di particolare?
Ultimamente sto realizzando lampadari a lamelle di grandi dimensioni e, parallelamente a questo lavoro, sto portando avanti uno studio di fattibilità per una scenografia teatrale itinerante.
Come si svolge il processo creativo, dalla ricerca di ispirazione all’esecuzione di una scultura?
Traggo la mia ispirazione dal quotidiano, scegliendo di dare valore a quegli oggetti ai quali solitamente non ne viene affatto attribuito e che grazie alla maestosità del cartone acquistano un significato molto forte. Per esempio, in occasione della Bologna Design Week dello scorso anno ho realizzato una lampada da tavolo che rappresenta un comunissimo tappo meccanico in plastica per bottiglie. Mi fa piacere quando sento la gente esclamare: “possibile che sia fatto di cartone?!” perché significa che è riuscita a vedere in quell’oggetto una storia, un’opportunità, un significato.
Per quanto riguarda la realizzazione dei prodotti, parto da un disegno a mano libera, cercando di individuare con precisione misure e proporzioni. In seguito realizzo un modellino in scala per verificare la fattibilità dell’opera e individuare eventuali criticità e infine disegno sul cartone, che poi taglio manualmente. Come tecnica di assemblaggio prediligo l’incastro, ma nei punti più sensibili ricorro alla colla termofusibile, per aumentare la stabilità dell’opera.